Laura Cox – Head Above Water (Verycords)

Dice qualcuno di noi vecchi babbioni che in fondo in fondo (probabilmente a destra, dove di solito stanno i bagni) è un bene che esistano i Måneskin. Che almeno grazie a loro una nuova generazione si sta appassionando al rock, che sarebbe quella musica che si suona con una chitarra elettrica o due, un basso, una batteria, magari una tastiera, e sono strumenti le cui vendite si sono impennate dacché Damiano, compagna e compagni sono in circolazione. Dice che sì, è vero, le loro canzoni paiono scritte da un programma informatico e l’esibito ribellismo sa di pantomima ma, comunque e insomma, “sempre meglio che la trap”. Parliamone. Ma anche no.

Parliamo invece di Laura Cox, nata in Francia trentadue anni fa da madre francese e padre inglese, formalmente al secondo album ma in realtà al terzo contando un debutto a nome Laura Cox Band. Brava chitarrista e a partire da Wikipedia non vi è chi non lo sottolinei, magari poi elencando quante e quali chitarre usa, corde, distorsori, amplificatori, tutto l’ambaradan. Per intendere che fa ROCK non serve nemmeno ascoltarlo, “Head Above Water”, essendo sufficiente notare la posa dell’artefice in copertina e il lettering della stessa, peraltro identico a quello del predecessore del 2019 “Burning Bright”. Primo titolo in scaletta Fire Fire: tanto per mettere le cose in chiaro. Qui il primo è una traccia omonima rigurgitata da un programma informatico che si è incaricato di fare sinossi del catalogo dei Rolling Stones. Seguono So Long, che fa lo stesso con quello degli ZZ Top, e One Big Mess, che parte con un assolo che manco il compianto Eddie Van Halen ma ci sta, perché se sai suonare perché non farlo sapere? E così via. Comunque sempre meglio che la trap. Forse.

Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.451, marzo 2023.

5 commenti

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5 risposte a “Laura Cox – Head Above Water (Verycords)

  1. Il luogo comune è ovunque. Giusto metterlo in evidenza.

  2. Rusty

    Invecchiando i sensi si ottundono, per cui non riesco a capire se la recensione sia drammaticamente negativa o solo parzialmente interlocutoria e possibilista. Sui Maneskin dubbi invece non ce n’è.

      • Rusty

        Grazie. Ho ascoltato i brani citati (poco o nulla sapevo di LC) e devo dire che la citazione dei Maneskin è opportuna. Riffoni ingessati, ritmica tambureggiante, voce incazzata il giusto. Tutto già sentito milioni di volte e meglio. Ovviamente per chi pensa che il rock siano Ligabue e Jovanotti sarà una rivelazione.

  3. Paolo Backstreet Iglina

    Però dalla recensione pensavo più ad un 5,5 quasi 6.

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