Personalità, stile, impatto, canzoni favolose – Il primo Franz Ferdinand

Nessuna data è prevista per il 2024 per i Franz Ferdinand, il cui più recente concerto risale allo scorso 2 settembre quando si esibivano a Empoli a suggello di un tour promozionale per la raccolta “Hits To The Head”, pubblicata nel marzo ’22. L’ultima collezione di inediti? “Always Ascending”, quinto lavoro in studio per gli Scozzesi e nettamente il meno riuscito e il meno venduto. Vedeva la luce nel febbraio 2018 e la latitanza comincia a essere lunghetta anche per una band che aveva fatto attendere il disco prima quattro anni e mezzo e il predecessore di quello idem. Da allora è cambiato il batterista, Paul Thompson il secondo dei fondatori a dimettersi dopo che nel 2016 a prendere la porta era stato il chitarrista ritmico, tastierista e occasionale voce solista Nick McCarthy. Defezione ben più grave, siccome costui aveva fino a quel punto co-firmato la quasi totalità del repertorio, e c’è chi dice che da tal dì i Franz Ferdinand sono un gruppo che fa cover dei Franz Ferdinand. Sia come sia, a parte che a googlarli rischi che prima di loro esca il personaggio storico da cui presero il nome, e ai tempi d’oro non accadeva, sotto “le persone hanno chiesto anche:” salta subito fuori un inquietante ma giustificato “Is Franz Ferdinand still making music?”. Boh… Sul sito ufficiale, non aggiornato da dicembre, la prima notizia è l’annuncio di una ristampa solo in vinile dell’omonimo primo album. La scusa per l’ennesima riedizione di un titolo già rimesso in circolazione sul supporto fonografico per antonomasia nel 2009, ’14, ’20 e ’21? Che in prima stampa raggiungeva i negozi il 9 febbraio 2004, due decenni esatti al giorno prima di questa. OK. Il Vostro affezionato ha impiegato un attimino a metabolizzare quanto appena constatato e scritto. E tu, amico lettore? Tu quoque sobbalzasti? Prendiamo la faccenda per il verso giusto. È un’ottima scusa per riascoltare uno dei migliori esordi, o dischi tout court, in ambito rock di questo secolo. Un classico, a patto di non pretendere da esso una qualità che del rock non è da parecchio addentro nello scorso di secolo, ossia un’originalità che non sia relativa, e contentarsi godendo di personalità, stile, impatto e canzoni favolose.

Dei ragazzi che nel 2002 danno vita a Glasgow ai Franz Ferdinand i più non sono ragazzi. Il cantante e chitarrista solista Alex Kapranos si sta inoltrando nei trenta, Nick McCarthy li scorge all’orizzonte, Paul Thompson va per i ventisei. Il bocia della compagnia è il bassista Bob Hardy, che di anni ne ha ventidue. A regalargli il primo strumento è stato Mick Cooke dei Belle And Sebastian, a insegnargliene i rudimenti Kapranos, uno a suo agio oltre che con chitarra e ogni tipo di tastiera con banjolele (un incrocio fra banjo e ukulele) e (onorando i natali greci del padre) il bouzouki. In precedenza (ma facendosi chiamare con il cognome della madre inglese, Huntley) ha capeggiato tali Karelia, artefici di un curioso mix di jazz elettrico, progressive e techno e titolari di un lavoro prodotto da Bid dei Monochrome Set passato del tutto inosservato. Personaggio curioso il nostro uomo: ha frequentato corsi di teologia salvo laurearsi in lettere, è stato chef, barman, autista, saldatore, ha organizzato concerti e serate in discoteca. Oltre che con il complesso summenzionato ha suonato noise con gli Urusei Yatsura e art-punk influenzato dai Fall negli Yummy Fur, piccole celebrità locali dall’organico sempiternamente cangiante dalle cui fila è passato pure Thompson ed è stato così che i due si sono conosciuti. Chi manca? McCarthy, che ha studiato piano classico e contrabbasso jazz ma si adatta a fare il chitarrista. Manca anche un nome. A Franz Ferdinand, erede al trono di Austria-Ungheria il cui assassinio a Sarajevo nel 1914 era stato la scintilla che appiccava l’incendio della Prima Guerra Mondiale, si arriva per tramite di un cavallo, Archduke Ferdinand, che nel 2001 vince il Northumberland Plate, e perché piacciono: 1) l’allitterazione; 2) l’idea che la neonata band possa pure essa, ma in positivo, accendere un bel falò. Da lungi, mica da oggi, scappano sbadiglioni all’affacciarsi al proscenio dell’ennesimo gruppo ingruppabile nel revival post-punk. Ci si è scordati quanto risultasse paradossalmente fresca, all’alba del XXI secolo, l’ondata di band dagli Strokes in giù che si facevano ispirare dalla new wave. Casualmente quanto fortunatamente sintonizzati sullo zeitgeist i nostri eroi non impiegavano che mesi a rimediare un contratto con la londinese Domino, talmente convinta del loro potenziale da investire subito un discreto gruzzolo spedendoli, nel giugno 2003, a registrare il primo album a Malmö con un produttore dal cv chilometrico (fra i tanti Cardigans, New Order, Saint Etienne e Suede) quale Tore Johansson. Un primo assaggio del disco, Darts Of Pleasure, giungeva nei negozi in settembre ed entusiasmava John Peel così tanto da fargliene proclamare gli autori “saviours of rock’n’roll”. Vendeva ciò nonostante modestamente e a lanciare i Franz Ferdinand in orbita in gennaio era Take Me Out, riff micidiale, cambi di passo, una melodia vocale scippata a Howlin’ Wolf, la capacità di lanciare ponti fra generi distantissimi quali blues e disco. E sì, c’è sempre stato un elemento dance nella musica di Alex Kapranos e soci. Numero 3 nella classifica UK e doppio platino, mentre i singoli successivi, la scanzonata quanto energica The Dark Of The Matinée e una Michael da Bowie periodo Ziggy andavano al 7 e al 15.

L’ultima riedizione di “Franz Ferdinand” non è stata rimasterizzata, né (perché aggiustare qualcosa che non è rotto?) lo erano state le precedenti. Non è un’incisione per un audiofili e nondimeno risulta ideale per esaltare un sound estremamente dinamico e ficcante, dalla deflagrazione di basso discendente e batteria pestona in mezzo a una Jacqueline che parte voce e chitarra acustica a una Come On Home dal romantico allo stentoreo, passando per il funk 100% Talking Heads di Tell Her Tonight e This Fire e una Cheating On You sintesi mozzafiato di Wire e Merseybeat. Però capace pure di porgersi delicatissimo, come nella conclusiva 40. Non invecchiato di un giorno invece che di 7.305. Fosse fresco di stampa e non di ristampa avremmo già il migliore album rock del 2024.

Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.463, aprile 2024.

6 commenti

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6 risposte a “Personalità, stile, impatto, canzoni favolose – Il primo Franz Ferdinand

  1. Che fighi erano gli Urusei Yatsura, tra parentesi: dei Sonic PaveYouth al di là del Vallo di Adriano 😉

  2. Mauro D'Alo'

    All’inizio avevo molto sottovalutato i Franz Ferdinand ma con il passare degli anni e degli ascolti oggi posso dire che per me, insieme agli Arctic Monkeys, siano il gruppo migliore uscito dalle terre di Albione nel nuovo secolo.

    Non conosco le due band in cui ha militato in precedenza Kapranos. Vale la pena approfondire?

  3. Massimo Sarno

    Sulla statura di classico di questo album non ebbi dubbi gia` vent’anni fa; usci`, tra l’altro, in un periodo molto propizio per la musica e qui mi piace ricordare, almeno, l’album dei Wilco di quell’anno. Di sicuro un disco di singoli, piu`che un album vero e proprio, ma singoli inattaccabili e, come hai ben detto, capaci di durare nel tempo. Vorrei soffermarmi un momento sul tuo commento riguardo all'”originalita`”; lo condivido in pieno e amio parere coinvolge diverse, ottime, band di questo periodo, alcune delle quali mi sembra riscuotono la tua approvazione. In questi ultimi anni ho ascoltato gruppi notevoli come gli Idles, Fontaines dc, Black Midi, Squid, Black Country, Shame, Algiers. In tutti questi casi ho ascoltato ottima, a volte grande, musica, ma mi sono spesso trovato nella condizione di non riuscire a distinguere un gruppo dall’altro. La mia impressione e`che ciascuna di queste band faccia un gran frullato di stili e di tendenze senza mai giungere a una precisa identita` artistica. So gia` che passero` per passatista, ma quando ascolto ancora oggi REVOLVER, un manifesto di eclettismo che passa dal pop alla psichedelica, alla musicia indiana per approdare al soul, io comunque riconosco in ogni momento i Beatles. Con questo non voglio sminuire la musica odierna, ma solo sottolineare la fase di evidente transizione che stiamo vivendo. D’accordo, non troviamo con la stessa frequenza di un tempo musica geniale, non c’e` nulla che eguagli le imprese dei Velvet, dei Clash o di Jimi Hendrix, ma, se si riesce a superare la propria pigrizia mentale, e`ancora possibile godere di bella musica, anche se non originalissima. Il caso dei Franz Ferdinand lo dimostra ampiamente

    • Mauro D'Alo'

      Condivido solo in parte quello che scrivi. Ha perfettamente ragione sulla originalità, così come scrive Eddy, e sul fatto che ormai i classici sono già stati fatti e non c’è più nulla da scoprire, ma personalmente penso che la differenza la faccia sempre la qualità di scrittura, la canzone in sé per sé. Per esempio 3 dei gruppi che maggiormente amo in questo periodo, IDLES – Fontaines dc e Protomartyr, sono assolutamente derivativi, ma hanno una qualità di scrittura notevole, che con il tempo non perde efficacia, proprio come il primo Franz Ferdinand. C’è stato secondo il mio modesto parere, un periodo abbastanza anonimo in cui i gruppi davvero si assomigliavano tutti, penso agli esordi dei Bloc Party, o dei Maximo PARK, oppure degli Editors che erano una brutta copia degli Interpol, ma oggi per fortuna c è più eccletismo, penso agli Algiers oppure ai Black Midi. Vabbè comunque questo è solo il mio parere, assolutamente opinabile

      • Massimo Sarno

        Non credo che i nostri punti di vista siano molto divergenti. La mia sensazione, del tutto soggettiva, di una certa uniformita` della musica odierna non cancella la mia valutazione positiva delle qualita` musicali delle band che hai citato. Anche per me cio` che fa la differenza e` la capacita` di scrivere musica, e francamente, fra un bel brano che “sa di vecchio” e un’ assoluta novita` che non sa di nulla, la mia preferenza andra` sempre al primo. Non sempre “nuovo” significa “migliore” e la ricerca ossessiva del “nuovo” facilmente puo` condurre un artista in un vicolo cieco.

  4. claudiodasta

    Sono contento di leggere, e in questi termini,  una tua recensione dell’esordio dei Franz Ferdinand; anche perché all’epoca del Mucchio, almeno per quanto riguarda i primi due album, non ricordo tuoi interventi ed ero curioso di sapere cosa ne pensassi. È un album che ancora oggi adoro, e all’epoca fu veramente una bomba, con pezzi irresistibili; ricordo benissimo quando uscì e l’eccitazione del periodo, i singoli che passavano molto frequentemente nelle radio rock ( e non solo) e i video su Mtv. Indubbiamente i riferimenti storico-stilistici sono sempre stati chiari; però loro hanno avuto, come noti tu, una personalità e uno stile – e un’immagine –  notevoli e di impatto, e anche un appeal pop che pochi altri gruppi hanno avuto negli ultimi vent’anni. Con anche, in alcuni pezzi, interessanti varianti psichedeliche o sperimentali.  E concordo con te anche sul fatto che agli inizi degli anni ’00 i richiami alla new wave furono un bello stacco, anche una dichiarazione d’intenti,  e diedero vita  a situazioni molto interessanti ed eccitanti, con gruppi capaci di ispirarsi all’immaginario post-punk e creare progetti comunque dotati di personalità: oltre ai Franz Ferdinand, apprezzai e apprezzo ancora molto gli esordi di Interpol e Bloc Party, per citarne due,  oltre ovviamente agli Strokes che comunque avevano riferimenti differenti. Per terminare, i Franz Ferdinand sono un gruppo a cui sono molto affezionato e, personalmente, ritengo che anche il secondo album sia eccellente, magari un gradino sotto l’esordio; il terzo è molto interessante, più sperimentale e il quarto con ancora dei bei pezzi. L’ultimo, purtroppo, non mi ha suscitato le stesse emozioni. E anche io non capisco bene quale sia attualmente la situazione del gruppo; le due defezioni già mi avevano dato un brutto segnale… Speriamo in qualche novità interessante. Grazie per la recensione.

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