Da giovani rampanti a rockstar – L’unico live degli U2 ha quarant’anni

Fa strano annotarlo per un gruppo sulle scene da così tanto: l’unico live degli U2 è questo e si deve insomma ricordare al lettore che è sobbalzato andando con la memoria a “Rattle And Hum” che quel doppio dove Bono e soci in più frangenti risultavano macchiettistici, già a Las Vegas tre decenni e mezzo prima di andare colà a spiaggiarsi, è inciso per meno di metà dal vivo. L’unico live per un gruppo che pubblicava il primo 45 giri nel settembre 1979 e il primo LP un anno e un mese dopo è datato 1983 e con i suoi otto brani per complessivi trentacinque minuti ─ due dagli acerbi singoli pre-Island, altrettanti dallo scintillante debutto “Boy”, uno dall’ambizioso con esiti altalenanti “October” e tre da “War”, che era l’album che i Dublinesi stavano portando in tour e li stava rendendo enormi ─ è oltretutto un mini. Registrato perlopiù (la seconda facciata per intero) in una serata tedesca, due sole le canzoni tratte dallo spettacolo al Red Rocks Amphitheatre di Morrison, Colorado, che vedrà la luce l’anno dopo in VHS e, epico pure per cornice ambientale, darà un ben più consistente apporto alla trasformazione dei suoi protagonisti da giovani rampanti a rockstar di prima e mitologica grandezza.

Per celebrare il quarantennale di “Under A Blood Red Sky” il disco, che cadeva lo scorso 21 novembre, la Universal avrebbe potuto esagerare come si usa oggidì e per una volta non sarebbe stato un troppo che stroppia. Poteva trasformarlo in un doppio aggiungendo i tredici pezzi (pazienza se così due sarebbero stati doppioni) della VHS, o addirittura allestire un triplo recuperando l’integrale in DVD (diciassette le tracce) del 2008, replicando il tal modo la Deluxe digitale mandata nei negozi quell’anno. Si è limitata ad aggiungere un poster (laddove la ristampa ancora facilmente rintracciabile del venticinquennale più generosamente offriva un inserto di sedici pagine), a rendere apribile una copertina in origine chiusa, a sfoggiare un vinile coreograficamente (ovviamente) di un rosso sgargiante. Chi bada al sodo noterà in compenso un remastering che esalta la sezione ritmica. È allora un’occasione mancata ma anche e nettamente l’edizione meglio suonante di sempre. La più… live.

Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.461, febbraio 2024.

12 commenti

Archiviato in archivi

12 risposte a “Da giovani rampanti a rockstar – L’unico live degli U2 ha quarant’anni

  1. Enrico Murgia

    Ci sarebbe anche l’EP Wide awake in America…però in effetti live sono solo due pezzi.

  2. Gli U2 li ho scoperti proprio con questo mini dal vivo. Una mia compagna di scuola aveva la musicassetta. Me l’ha prestata e me ne sono innamorato. Inutile dire che appena sono riuscito a mettere insieme 13.000/15.000 lire (se non ricordo male questi più o meno erano i prezzi) sono andato dal mio “spacciatore” di musica preferito, e ho comprato “Boy”

    Tutto il resto è storia…..

  3. Mauro

    Sempre troppo cattivo con “Rattle and Hum”, Eddy. Che questo sia l’album che segna il passaggio degli U2 dalla categoria “Gruppo più grande della vita” a quella “Emerite teste di cazzo” (“Achtung Baby” un, ME-RA-VI-GLIO-SO!, incidente di percorso) non ci piove. Nondimeno resta (IMHO) sincero e, in alcuni momenti, emozionante. Però, che cosa enorme sono stati gli U2 dal 1980 di “Boy” al 1987 di “The Joshua Tree”! Rammento ancora una tua recensione, non ricordo di quale disco, nella quale scrivevi qualcosa del tipo: “forse un giorno faranno un disco brutto ma uno disonesto non lo faranno mai”. Ecco, la pensavamo tutti così all’epoca. Forse è proprio per questo che ormai nessuno (tra i fans della prima ora) è più disposto ad ammetterne la pur transitoria grandezza (qualcuno tra i miei amici sostiene addirittura che a lui non sono mai piaciuti).

    • Anonimo

      Come non essere d’accordo su ciò che scrivi

    • d’accordo anche io. Ricordo ancora l’entusiasmante recensione di Massimo Cotto di “The Joshua Three”, soprattutto una frase su “Running to stand still”: “Ci sono gruppi che impiegano una carriera intera a scrivere una canzone così e molti non ci riescono”

  4. Rusty

    Da vecchio mucchiofilo ricordo che la rece di Rattle & Hum la fece il direttorissimo e fu entusiastica. Se non ricordo male lo definì uno dei capolavori del rock. Visto che il reato è passato in giudicato, rimarco allora che la differenza fra gli U2 fino ad Achtung Baby e quelli successivi è talmente enorme che risulta difficile trovare una spiegazione. Di analogo mi viene in mente il Neil Young anni 70 e quello anni 80 e poco altro. Misteri dell’ispirazione.

    • Mauro

      Sì, ma almeno “Cavallo Pazzo” nel 1989 ci ha regalato “Freedom”, e poi negli anni, tra tante nefandezze, “Ragged Glory”, “Chrome Dreams II”, “Psychedelic Pill”. Gli “Anche tu” invece… encefalogramma piatto…

    • Backstreet70

      Ho sempre considerato Rattle & Hum un’appendice di The Joshua Tree e comunque non è brutto ma forse ha troppa roba (e qualcosina di inutile). Per un singolo del disco Eddy scrisse la prima recensione un poco negativa su di loro.

  5. Anonimo

    Achtung baby indiscutibile pietra miliare e unico lavoro osannabile in toto della seconda vita del gruppo. Anche in Zooropa e Pop, però, si ascoltano belle cose. Per me noia, mancanza di ispirazione e orrori assortiti sono tangibili solo a partire da All you can’t.

    • Massimo Sarno

      Condivido in pieno. Se pure i dischi degli anni novanta fanno registrare una certa flessione rispetto al decennio precedente, manifestano comunque una certa volontà di rinnovamento e i pezzi di buona, se non ottima levatura, non sono poi così pochi. In particolare credo che POP sia considerato meno di quanto meriti. Dal duemila in poi, animato da un malsano desiderio di restaurazione, il gruppo ha effettivamente toccato il fondo diventando la parodia di se stesso.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.