La ‘ggente la reclama a gran voce: Sufjan Stevens – Silver & Gold (Asthmatic Kitty)

Sufjan Stevens - Silver & Gold

“La musica ha rotto il cazzo”, mi fa il Guglielmi al telefono e subito mi entusiasmo. “Questa te la rubo”, lo avviso, avendo infine trovato il nome giusto per un blog per il quale è da un pezzo che ho il sottotitolo: “Mi rompo i coglioni io affinché non dobbiate romperveli voi”. Lì vagheggio di sistemare stroncature di tutti i dannati dischi che mi tocca ascoltare e che non hanno giustificazione alcuna per esistere. Tutti quei fottuti dischi “carini”, con un bel suono che hai già ascoltato tre trilioni di volte e due pezzi buoni che una volta ci si sarebbe fatto un singolo e finiva lì. Tutti quei dischi che se scrivi per una rivista ti tocca essere serio e dargli due stelle perché, dai, oggettivamente mica è brutto. E intanto hai buttato via ore preziose dell’unica vita a tua disposizione. Insomma: mi trastullo qualche giorno con l’idea e poi ho un soprassalto di buonsenso e decido di lasciar perdere, ché un blog già ce l’ho e, conoscendomi, andrebbe a finire che i dischi da massacrare li ascolterei quella volta di più per massacrarli meglio e già così non vivo. Come niente “Silver & Gold” lo avrei fatto girare quelle tre volte, tutti i suoi centosessantasette minuti della minchia. Ah già… “Silver & Gold” l’ho fatto girare quelle tre volte, intero, e ogni volta già a metà del primo dei suoi cinque CD avrei voluto morire, o in alternativa scoprire cosa si prova fumando del crack.

C’è chi sostiene che Sufjan Stevens sia un genio e, che il dio delle sette note mi perdoni per questo, una volta io pure mi sono spinto a definirlo “un genietto”, eclettico come pochi mai. Basti ricordare che nell’esordio del 2000 “A Sun Came” declinava avant-folk alla Comus, nel successore “Enjoy Your Rabbit” cosmicherie alla Cluster, in “Greetings From Michigan” pop “come potrebbe Philip Glass” (parola di “Pitchfork”, mica di “Pizza e fichi”), ove in “Seven Swans” era un po’ Nick Drake e un po’ Elliott Smith. In “The BQE” il trentaquattrenne e oggi trentasettenne di Detroit passava direttamente da un pop “come potrebbe Philip Glass” a musica neo-classica “alla” Philip Glass ed era lì che mi facevo fregare e scrivevo di “un suo ‘Koyaanisqatsi’”. ’Sti qatsi! Deve essere stato a quella altezza che si è definitivamente convinto che tutto gli fosse permesso o forse no: forse ha semplicemente inteso che, in un’era di musica liquida che ha liquidato la musica in quanto oggetto con un valore commerciale, uno dei modi per sopravvivere (e lui manco esagera) è buttare fuori un disco dopo l’altro e, se ci sono anche poche migliaia di persone che li comprano tutti, ci campi. Solo che l’arte (figurarsi l’Arte) non ha più nulla a che vedere con tutto ciò. Raccolta in box ed è già la seconda (a quanto pare errare è umano, ma perseverare è divino) di cinque EP approntati nell’arco di altrettanti anni di brani di argomento natalizio, “Silver & Gold” è paradigma insuperabile di un modo estesamente affermato di vendersi nell’accezione deteriore del termine (al confronto Lady Gaga un’epitome di etica): un bell’oggetto (nel tempo della musica liquida un decisivo valore aggiunto) pieno di niente. E allora sarebbe una totale perdita di tempo e spazio, ed esercizio intellettualmente al pari disonesto, provare a nobilitarlo evocando la tradizione tutta americana  dell’album natalizio, quando poi l’unico che meriti un ascolto (tanti giganti della musica nera e persino Bob Dylan sono invece caduti: nell’imperdonabile) resta quello che approntò Phil Spector. E vale giusto a giustificare che io ci abbia perso dietro otto ore appuntare che, fra quelli che vanno considerati cinque album distinti (hanno del resto ciascuno un titolo e una copertina) giusto il terzo, “Christmas Infinity Voyage”, abbia un vago senso, una minima dignità, con le sue sperimentazioni spicciole di pop da camera e techno-wave, fra una danza spastica e uno sgretolarsi di nevrosi, una giostrina stralunata e un valzer dolente. Lasciano viceversa attoniti per la banalità i primi due, “Gloria” e “I Am Santa’s Helper” (ne cavi una Jingle Bells come fatta dai Pavement e la illbient di Eternal Happiness Or Woe: sono tre minuti) e per l’inconsistenza il quarto, “Let It Snow”. Il quinto, “Christmas Unicorn”, finisce con i 12’30” di una traccia omonima di una circolare, sfiancante ossessività che denota il disegno malvagio di questo “cristiano problematico” di farci patire l’inferno in terra, così che noi ci si penta e non si abbia a patire l’altro.

Sono le due di notte di un sabato e io sono qui a scrivere di Sufjan Stevens, quando dovrei essere in giro a cercare droghe e sesso promiscuo. Robe da persona normale. La musica ha rotto il cazzo.

Recensione scritta per “Il Mucchio”, n.701, nella notte fra il 17 e il 18 novembre 2012. Mai pubblicata.

82 commenti

Archiviato in recensioni, Stemax

82 risposte a “La ‘ggente la reclama a gran voce: Sufjan Stevens – Silver & Gold (Asthmatic Kitty)

  1. CliffSteele

    Appena letta la recensione incriminata e attorno a me sento un applauso che dura 23 minuti. Preciso a quello dopo la recensione di Fantozzi per “La Corazzata Potëmkin”
    Ti hanno chiesto di cambiare questo ?
    Maledizione ! Ma se è divertente e dice la verità !
    Andiamo male qui ! Ma se ogni numero il nuovo capo dice che “Ci piace credere che il Mucchio è diverso…” Avevano ragione gli Who in Won’t Get Fooled Again” (sai… la sigla di C.S.I….)

  2. Roberto

    La cosa che non capisco in tutta sincerità è il motivo della “censura”, visto che la recensione pubblicata, quella di Guglielmi, non è che sia tanto diversa nel giudizio complessivo, con relativo voto basso.

  3. CliffSteele

    Insomma… che tristezza. Mojo in questa casa è la Bibbia già da qualche anno….

  4. giuliano

    E no, Cilìa, non ci siamo. Qui manca la speranza, il messaggio. Lavoraci un po’ su. Volevo comprarlo il box, ma tu mi hai tolto la speme.

    “All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
    confortate di pianto è forse il sonno
    della morte men duro?”…

    Ecco, prendi spunto da un incipit come questo, su…

    E quando ad aprile uscirà il divertente box pasquale di Bonnie Prince Billy in 5 comodi tomi, passalo direttamente a Guglielmi. Ragazzaccio…

  5. Rusty

    Sallusti direttore del Mucchio! Subito!

  6. Marco Tagliabue

    Non entro nel merito del “cofano” (ho lasciato Sufjan in Illinois e non ne sento assolutamente la mancanza), ma questa recensione è un CAPOLAVORO!

  7. Giorgio

    Questa recensione mi ha riportatato ai tempi d’oro del mucchio…

  8. Orgio

    The truth always hurts. Eddy, sempre avanti a testa alta!

  9. Doc

    Dai Eddy, ci DEVE essere qualcosa sotto, non è possibile che sia questa rece fantastica il motivo.

  10. Giacomo

    Piena solidarietà, Eddy. A questo punto, però, non capisco proprio più nulla… Che il numero del Mucchio che ho acquistato oggi sia destinato a essere l’ultimo a entrare in casa mia?

  11. Jah

    è una recensione meravigliosa e Gugliemi non capisce un cazzo. Eddy, ti seguirò ovunque.

    • Fosse dipeso solo da Guglielmi, sarebbe stata pubblicata. Senza cambiare una virgola, ovviamente. La grande colpa – se così vogliamo chiamarla – di Federico è di tenere TROPPO al Mucchio, di essere disposto a qualunque sacrificio per quel giornale e per i suoi lettori. Quello che gli rimprovero è di non rendersi conto che ormai, così agendo, del Mucchio non fa più il bene ma il male.

      • Roberto Mrt

        E’ evidente che QUESTO Mucchio non ha più bisogno di te, ma probabilmente nemmeno di noi. E non sai quanto mi dispiace.

      • Se dietro l’accaduto c’è stato da parte di uno degli “attori” il
        – tenere troppo al Mucchio ed ai suoi lettori -,
        io mi arrendo!
        Non c’è una logica, non riesco a capire nemmeno di che “stiamo parlando”.
        Siete tutti una manica di matti!

  12. Anonimo

    STAI TROPPO AVANTI!

    • CliffSteele

      Si, vabbè… ma non trasmette un messaggio corretto…
      Bwah-ha-ha-ha !!!!!!!!!!!!!!!!!

      Oh Eddy, devi trasmettere il messaggio corretto !!!
      Vabbè, lunedì passo a Blow Up. Và.

  13. carlorock65@libero.it

    mi ricordo una bellissima recensione di maurizio bianchini sul mucchio dei tempi (triplice recensione di chicago-genesis-jethro tull) che scateno’ un mare di polemiche ma ancora adesso viene ricordata come una perla…anche queste cose sono il sale di una rivista, se normalizziamo tutto dove andremo a finire???

  14. Andrea

    Eddy pensa che io compravo ancora il Mucchio & Extra per leggere solo i tuoi articoli e le tue recensioni… questa di Sufjan Stevens é decisamente un capolavoro e mi ricorda i vecchi tempi. Dopo 28 anni di Mucchio forse é giunto il momento di smettere. Forza Eddy !

  15. Stefano Piredda

    Ti si vuole bene, Maestro.
    Ti auguro sesso promiscuo a pacchi.

  16. recensione rispettabilissima nel suo “giudizio”, anche perché scritta da un giornalista competente, però – al di là delle polemiche che non mi interessano e nemmeno conosco (leggo solo blow up) – mi sembra un po’ azzardato dare del ladygaga a sufjan stevens: penso che alla base dei suoi dischi (sofisticati sì, ma sinceri) ci siano sempre musica e scrittura, altro che marketing (penso che sufjan non ci metterebbe niente a passare a una major, eppure continua a rimanere “indipendente”); se poi davvero è un genio (per quel poco che ne capisco per me lo è) ce lo dirà solo il tempo (certo non è da tutti avere un repertorio così eclettico come il suo)… per il resto, è tutta una questione di gusti. 🙂

  17. Michael Rove

    Lo si dovrebbe comprare per questo, un giornale di musica rock e non solo.
    Ciao,
    M.

  18. A parte il fatto sconcertante che sia stata messa in discussione una recensione così geniale (invece di chiamarti per farti i complimenti insistendo nuovamente per farti scrivere di più), più a freddo colpisce l’aspetto “ideologico” della faccenda, che presumo sia il vero motivo delle tue dimissioni insieme alla mancanza di rispetto.
    La direzione del Mucchio non ritiene che un critico con 30 anni di esperienza possa esprimere l’esasperazione verso centinaia di dischi inutili, edizioni gonfiate a dismisura, “operazioni” costruite per farsi notare senza alcun valore artistico, ecc. ecc. con un’espressione paradossale (e la riproduzione iniziale della telefonata con Guglielmi accentua questo paradosso) come LA MUSICA HA ROTTO IL CAZZO. Un giornale con una linea vera come quello di cui abbiamo sognato nei commenti di questi giorni non solo pubblicava con evidenza questa recensione, ma magari ci costruiva anche un dibattito, per portare avanti una linea di maggior rispetto per la musica e gli appassionati.
    E per girare il coltello nella piaga, l’attribuzione iniziale della citazione a Guglielmi secondo me era anche un modo per considerarsi dalla stessa parte, ecco perché e’ incomprensibile che Federico non abbia capito che stavolta era proprio il caso di tirarlo in piedi quel Colosseo di casino…

  19. Carlo Bordone

    Con tutto il rispetto, lettori che dicono di non voler leggere un giornale perché se ne va una firma (varrebbe fosse anche la mia, eh, ci mancherebbe) forse era meglio perderli prima.

    • Giacomo

      Leggo il Mucchio dal numero con Zachary Richard in copertina e credo che continuerò a farlo nonostante tutto, ma sperando in meglio. Penso che affermare di non volerlo più leggere sia una normale reazione a caldo. L’importante è sapere dove altro trovare “quella” firma.

    • Pino

      il discorso fila, ma magari perdere una firma come Cilìa può essere la spinta sotto il tram per molti lettori che ancora compravano la rivista pur se con sempre maggior distacco…

    • CliffSteele

      Io non smetterò di leggere il Mucchio perchè c’è ancora molta gente che scrive bene (tu compreso !) ma perdere una Eddy per un motivo stupido e forse pretestuoso mi ha dato parecchio fastidio.
      Così come ho trovato assurdo non tenere Bertoncelli per quattro soldi che potevano essere risparmiati lasciando la vecchia grafica.

    • A un altro lettore io stesso su Fb ho risposto che comprare, o smettere di comprare, un giornale per uno o due nomi è, oltre che una sciocchezza, una mancanza di rispetto per tutte le altre firme che quel giornale concorrono a farlo. Ma, visto che a momenti stiamo parlando dei panda, sul “forse era meglio perderli prima” ci andrei cauto. Riconquistare un lettore che hai perso è enormemente più difficile, ai limiti dell’impossibile, che sedurne uno nuovo. Il mio esempio varrà quello che vale (“Uno vale uno”, come ama ripetere quell’altro sincero democratico) ma io non MAI ripreso ad acquistare una rivista una volta che l’avevo mollata. Ogni volta che mi sono detto “OK, questo è l’ultimo numero” è stato in effetti l’ultimo numero. E’ successo negli anni per “Rockstar”, “Rolling Stone”, “Melody Maker”, “New Musical Express”, “Spin”, “Alternative Press”, “Rumore” e mai c’è stata un’eccezione, mai.

    • Ovviamente una firma non fa un giornale, ma questa vicenda ha fatto emergere in modo lampante la insensata direzione della Federico. E allora vale anche il contrario: si segue un giornale per 4 o 5 buone firme?
      Io andro’ avanti con Extra, di cui ho tutti i numeri: mi spiacera’ non trovarvi più Eddy, ma la direzione di Extra e’ sempre stata chiara e non credo possa cambiare.
      Mentre Il Mucchio avevo ricominciato a prenderlo proprio perché un nome (il piu’ grosso) se n’era finalmente andato. Le speranze erano molto, molto alte, per questo la delusione e’ così grande. E’ vero, non ci sono piu’ le condizioni per fare un nuovo Velvet, e forse l’ Uncut italiano e’ un sogno irrealizzabile, ma avere carta bianca con una testata come il Mucchio e fare un giornale così e’ come dare la Juve a Maifredi e arrivare settimi…

    • Stefano Piredda

      Io l’abbonamento al Mucchio lo rifarò.
      Mi dispiace per Eddy, un casino: ma lo seguirò qui e, mon dieu, pure su BLOW UP.

    • Andrea

      Andrea, lettore del Mucchio dal marzo 1985; vi ho seguito SEMPRE, anche quando avete messo Madonna in copertina, quando eravate settimanale e quando le vostre pagine strripavano dei deliri di Max Stefani …. caro Carlo Bordone … forse hai proprio ragione: era meglio lasciarvi perdere tantissimo tempo fa (e pensare che ti stimavo pure…)

      firmato: un ex-abbonato a partire da ORA:,

      • Carlo Bordone

        Andrea, non so cosa ho detto per perdere la tua stima, ma mi dispiace. Posso assicurarti che chi scrive sul giornale ci mette anima, cuore e professionalità. Dei deliri di Max Stefani risponde Max Stefani. Quanto alle copertine, sul Mucchio si è visto ben di peggio di Madonna. Ma come sempre, mi illudo che uno sappia andare oltre la copertina.

      • Gian Luigi Bona

        Io non ci penso nemmeno a lasciare il Mucchio, ci sono giornalisti che conosco da sempre e che mi piacciono molto. È solo che la perdita di Eddy mi ha dato fastidio, sopratutto per come è avvenuta. Anche perché non vorrei capitasse anche ad altri di voi. Altra cosa che mi ha colpito è vedere come siano costruttivi i nostri discorsi e come il Mucchio sarebbe migliore se foste voi giornalisti a dirigerlo.
        P. S. Buon anno !

  20. Carlo Bordone

    Ovvio. Tanto per non ingenerare equivoci, aggiungo se mai ce ne fosse bisogno che impuntarsi nel voler far cambiare questa recensione (e sostituirla, alla fine) è stato un autogol colossale, una sciocchezza inspiegabile che ha ottenuto come unici effetti quelli di a) far dare le dimissioni a una delle migliori firme del giornalismo musicale italiano , b) farsi ridere dietro da tutti. Fermo restando che il diritto di critica e di supervisione degli articoli da parte della direzione di un giornale è essenziale.

    • Giacomo

      E comunque quando se ne andarono Cilia, Guglielmi e Bianchini quanti rinunciarono al Mucchio per Velvet? Fecero male? Non credo proprio. Salvo poi riconsiderarlo quando “quelle” firme tornarono al Mucchio…

      • Carlo Bordone

        Fecero benissimo, anche perché fu la nascita di quello che a mio parere rimane il più bel giornale musicale mai fatto in Italia (almeno nei primi due anni). Ma erano altri tempi, quelli di Velvet, e storie completamente diverse.

      • Roberto Mrt

        Io fui ben felice di comprarli tutti, anzi era una pura goduria!

  21. Rusty

    Smettere di comprare il Mucchio perchè non ci scrive più Cilia mi sembra una sciocchezza, visto che vorrebbe dire che prima si comprava una rivista di 80 pagine del costo di 6 euro solo per leggere una dozzina di recensioni. E’ proprio la rivista che è cambiata e mica è uno scandalo. Tutta la retromania sugli anni’80, cui anche il sottoscritto ha contribuito, è piuttosto malinconica . Spero che il giornale trovi nuovi lettori, io purtroppo mi sono accorto da tempo che dopo l’acquisto giace pressochè intonsa sulla mobilia per parecchi giorni. Eddy o non Eddy. E qualcosa vorrà pur dire.

  22. Gennaro

    La musica dei tempi attuali ha rotto il cazzo!
    Personalmente ascolto prevalentemente musica anni 60-70-80.
    I king crimson in primis, e come generi il progressive e la new wave!
    Una rivista “contro” come il mucchio che censura un proprio collaboratore
    e’ una cosa cui non si può credere.
    Ma se è successo allora bisogna solo trarne le conseguenze…amare…
    Stefani era il male assoluto, ma almeno ci ha regalato, per almeno un decennio, un giornale fenomenale.
    I suoi allievi, anche se animati da bei propositi, stanno seppellendo il tutto sotto una mediocre coltre di conformismo e supponenza!

    Bello il blog!…Eddy…lo visiterò volentieri.

  23. Antonio

    Ciao Eddy, leggendo l’articolo di oggi ho riflettuto su uno degli slogan del Punk in cui si esortavano i giovani ha prendere in mano uno strumento e si diceva che tutti sarebbero potuti salire su un palco e gridare la propria musica. Il rovescio della medaglia secondo me e’ stato che molti, che non hanno musicalmente nulla da dire, hanno preso troppo alla lettera questo slogan e oggi riempiono gli scaffali di dischi inutili e fanno si che programmi come “Amici” o “Xfactor” prosperino alla grande, tutto per questa sfrenata voglia di protagonismo.

  24. stefano campodonico

    Io se compro un giornale musicale è proprio perchè spero di trovare recensioni o articoli così.Leggo il mucchio da sempre e non mi sarei mai aspettato una cosa del genere. Ho la casa piena di dischi “inutili”, ascoltati pochissimo e comprati a causa di recensioni evidentemente in linea con il pensiero dell’attuale direzione del giornale. Dico una cazzata se penso che questa recensione a Stefani sarebbe piaciuta tantissimo?

  25. Stefani manco sa chi è Sufjan Stevens

  26. Vedder74

    Leggendo la recensione, un paio di dubbi li ho: se tu, Eddy, ti sei rotto il cazzo della musica, perché continui a scriverci su? “La mia era una provocazione”, dirai. E ci posso stare. Ma secondo me le provocazioni non vanno lanciate scrivendo una recensione. Ci sono altre sezioni nei giornali per provocare… Poteva essere un bel servizio un articolo con titolo “La musica ha rotto il caz….?”, con, ovviamente, rigoroso punto interrogativo alla fine. Perché magari ha rotto a te e non a chi ti legge. Anche perché se sono d’accordo con chi dice che non c’è più niente di buono da ascoltare, allora cosa compro a fare un giornale di musica, per sentirmi dire che la musica è tutta (o quasi) una rottura di coglioni?
    Magari sono fuori moda (o fuori tempo), ma io, leggendo una recensione, non voglio ascoltare gli sfoghi di chi scrive (chiunque sia la sua firma), ma voglio capire se devo spendere 10/15/50 euro per comprare un disco. Tu lo dici che il box di Stevens fa schifo, è vero. E lo motivi, anche. Ma allora che bisogno c’era di fare tutto quel “colore” prima e dopo le motivazioni? E poi, vorrei capire: ma ti hanno “censurato” perché parlavi male del disco, o ti hanno semplicemente chiesto di rivedere l’articolo? (Io non sono il direttore di una rivista musicale, ma se un mio giornalista scrivesse “La musica ha rotto il cazzo” gli direi di rivedere la frase, non fosse altro perché è una pubblicità pessima per un giornale che parla di rock!).
    Un’ultima cosa a chi dice che non comprerà più Il Mucchio dopo l’uscita di Eddy: possibile che una sola firma fa una rivista intera?

    • Parto dall’ultimo punto. Personalmente, non ho mai smesso di comprare un giornale solo perché se n’era andata una firma che apprezzavo. Ho sempre smesso perché era il giornale nel suo complesso a non piacermi più.
      Per il resto… Dove mi stai scrivendo? Su un blog. Chi è il titolare di questo blog? La persona che ti sta rispondendo. VMO esiste da esattamente un anno. Quanti soldi mi ha fatto guadagnare da quando è on line? Naturalmente, nemmeno un centesimo. Di cosa parla questo blog? Di sport? Di filatelia? Di ornitologia? Mi pare parli di musica. Quindi – riavvolgiamo il nastro – io ho già dedicato centinaia di ore di lavoro a un progetto che direttamente non mi offre nessunissimo ritorno economico, ore che si aggiungono a tutte quelle spese scrivendo per le varie riviste per le quali scrivo, o comunque ho scritto, per che cosa? Per passione, evidentemente. Passione per la musica. Quindi, quando scrivo che “la musica ha rotto il cazzo” il paradosso dovrebbe essere evidente: o no? Dovrebbe essere sufficientemente chiaro che non sto parlando della musica in generale bensì di un certo modo di fare musica. A me è chiaro e mi rifiuto di insultare l’intelligenza di chi mi legge aggiungendo come postilla “tre parole in croce, un messaggio di speranza”.
      E’ naturalmente possibile ch’io sopravvaluti chi mi legge (non credo; la metto lì come ipotesi scolastica), ma preferisco errare in tal senso piuttosto che in quello opposto.

      • Vedder74

        Aspetta Eddy, riavvolgo anche io il nastro.
        Io non discutevo della pubblicazione della recensione sul tuo blog. Che, essendo un blog, è nominale. Quindi, l’unico a cui devi rendere conto sei te stesso. E basta. Ma quando lavori per una rivista (qualunque rivista), quello che scrivi porta sì la tua firma, ma prima di tutto si porta dietro l’intestazione della testata. Nel dire “La musica ha rotto il cazzo” il paradosso poteva essere evidente, ma proprio perché scritta da un professionista come te, buttare lì quella frase senza argomentarla troppo (e dire: mi rompo i coglioni io per non farli rompere a voi non è argomentare, vero?) poteva essere fuorviante. E’ vero, chi legge non è stupido (e basta entrare nei forum delle riviste come il Mucchio per vedere che i lettori sono sempre molto attenti), ma le provocazioni vanno fatte bene, sennò restano su carta. E quindi ti chiedo: ma possibile che non c’è stato un confronto con gli altri del Mucchio su questa cosa? No, perché se così fosse, vuol dire che io ho letto per anni la rivista senza rendermi conto che è un’oligarchia…. E questo sì, che farebbe di me un lettore poco intelligente.

      • Mi rompo io i coglioni eccetera non è ovviamente argomentare (del resto, non si argomenta in un sottotitolo), ma mi pare che subito dopo si argomenti eccome, in lungo e in largo. Guarda, la faccenda è molto semplice. E’ successa una cosa che mai ma proprio mai, in nessun tempo e in nessun luogo, mi era successa in trent’anni di professione: mi è stato chiesto di cambiare un articolo. Era un loro diritto chiedermelo? Assolutamente sì. Era un mio diritto, visto che sotto sarebbe andata comunque la mia firma e che trovavo grottesche le richieste della controparte, rifiutarmi? Idem. Potevano a quel punto non pubblicare il pezzo? Certo. Nei giornali funziona che c’è un direttore e che è il direttore ad avere l’ultima parola in qualunque discussione. Giusto così. Però a quel punto il giornalista, se è davvero convinto delle proprie ragioni, ha non solo il diritto ma innanzitutto il dovere – morale – di trarre le conseguenze dell’accaduto e prendere la porta.
        Quanto all’oligarchia, tu mi insegni che è una forma di governo in cui il potere risiede nelle mani di pochi. Spiacente di doverti grandemente deludere. Mai stato un’oligarchia “Il Mucchio”. C’è sempre stata solo e soltanto una persona al comando. Una delle non molte differenze fra la precedente gestione e l’attuale è che Stefani quantomeno non ha mai preteso di essere democratico. Nel suo porgersi alla “io so’ io e voi nun siete un cazzo” è sempre stato schietto, ai limiti della brutalità. La persona che ne ha preso il posto intende invece la democrazia come un educato, cordiale, deferente dibattito al termine del quale le si dà ragione. Almeno da questo punto di vista, preferivo quell’altro là.
        Chiudo rispondendo infine a tutti quelli che si chiedono come sia possibile che, per un singolo contrasto, lasci un giornale un professionista che, nella trentacinquennale vicenda della testata in questione, vanta la seconda più lunga militanza in assoluto (complessivamente quasi diciannove anni). E si interrogano: ci sarà dell’altro? Premesso che avrei comunque seriamente considerato le dimissioni dopo uno scontro di questo tipo se anche non ci fosse stata nessuna frizione in precedenza, se anche in precedenza il rapporto fosse sempre stato improntato alla massima armonia e alla massima correttezza, sì, c’è dell’altro. Non è colpa solo del povero Sufjan Stevens (proverbiale goccia, certamente non pretesto) se si è arrivati a un divorzio che promette, minaccia di non essere per niente indolore. Ma è una lunga storia e non voglio uccidere di noia chi mi legge tutto in una volta.

  27. emme esse

    Ciao Eddy.
    Ma dici davvero che il Phil Spector è l’unico disco natalizio che val la pena di possedere?
    Non lo conosco.
    Perciò l’unico disco natalizio che io abbia sempre considerato un capolavoro assoluto (per la resa sinteticissima, inquietante, senza nessun fronzolo ossia accordo che non sia minore o maggiore, delle antiche carols) è “The New Possibility. John Fahey’s Guitar Soli Christimas Album”.

    • Uh… Mi hai messo in difficoltà. La verità è che, nonostante io abbia in casa un discreto numero di album di Fahey e fra essi più di uno degli innumerevoli di argomento natalizio, nella mia mente il collegamento non è mai scattato. Probabilmente, proprio perché – come scrivi – sono lavori che trasmettono inquietudine, altro che serenità e sentore di festa.

  28. Roberto Mrt

    Non è che il problema alla fine è di chi ha raggiunto una certa età e non ha più l’attitudine giusta verso le novità? Voglio dire, anche per argomentare quanto scrissi poco sopra, ovvero “E’ evidente che QUESTO Mucchio non ha più bisogno di te, ma probabilmente nemmeno di noi. E non sai quanto mi dispiace.”, scrivere e leggere di dischi e musica nuova ci mette a disagio perchè non ci riconosciamo in essa? E’ questo il motivo per cui personalmente compro e leggo più volentieri Extra dove si parla maggiormente in retrospettiva piuttosto che il mensile che al contrario poggia sul presente? E’ brutto dirlo, ma Eddy mi mancherà soprattutto per gli articoli all’interno di Classic Rock e dell’ Extra e molto meno per le recensioni sul mensile. Ho paura di star invecchiando male. Cazzo.

    • Per liberarti di questa fastidiosa impressione, ti consiglio il seguente esperimento. Fatti venire in mente una qualunque canzone classica degli anni ’60, ’70, ’80, fino a inizio ’90 che sono pur sempre due interi decenni fa. Vai a cercarla su YouTube. Cercane dieci, quindici, venti. E ogni volta leggiti i commenti. Invariabilmente, fra massimo i primi cinque ce ne sarà minimo uno di un under 20 che 1) si spella le mani applaudendo quanto ha appena ascoltato e, 2), lamenta l’assoluta insignificanza, al confronto, della quasi totalità della musica odierna. Prova. Andrà probabilmente a finire che sarai tu a dire a quell’ideale under 20 di non abbattersi troppo e che no, che c’è bella musica pure oggi. Nuova nuova, magari no. Ma bella sì.

      • Gennaro

        E bisogna aggiungere che oggi possiamo riscoprire e, perchè no, scoprire per la prima volta, tantissima musica di quegli anni, grazie al downloading (file lossless e non mp3); che faccio fatica a considerarla musica per dinosauri.
        Ieri mi sono goduto le session reels di Lark’ tongues in aspic dei King Crimson…mi sono letteralmente “sciolto” per la meraviglia…la meraviglia di poter “assistere” alla nascita di questo capolavoro.
        Ed alcuni passaggi, che non si trovano sull’album definitivo, sono addirittura più seducenti del risultato finale…provare per credere dal minuto 55…

        Comunque, penso che, la musica di oggi ha rotto il cazzo, anche per la facilità di procurarsela gratis!
        Ricordo con infinita nostalgia gli arrivi dall’inghilterra dei pacchi di dischi mandati a richiedere e gli acquisti “centellinati” nei negozi di dischi!
        Dischi che venivano letteralmente “consumati” dalle testine dei nostri giradischi!

      • Alfonso

        Pur avendo superato da parecchio l’adolescenza resto un under 30 e quindi un appassionato (relativamente) giovane di musica, e devo ammettere che mai ho avuto la fortuna di assistere in diretta alla nascita ed esplosione di un gruppo, un genere, che mi abbiano dato l’impressione di star vivendo “anni importanti”. Durante il decennio appena passato, quello durante il quale dovrebbero essersi formati i miei gusti e compiute le mie epifanie soniche, non è emerso un singolo artista che abbia cambiato di una virgola le coordinate musicali. I miti della mia adolescenza sono stati o artisti che avrebbero potuto tranquillamente essermi padri – altro che fratelli maggiori! – o che più tristemente erano morti quando al massimo io andavo alle elementari. L’unico personaggio sbucato fuori di recente che avrebbe potuto essere considerato grande in termini artistici pure trenta o quaranta anni è forse, ma forse, Antony. Non mi azzardo a fare commenti sulla diatriba Cilìa vs Mucchio perché non stavo in redazione e non so cosa sia successo (di però si può dire che la recensione fosse spassosissima e che il non volerla pubblicare usando come scusa l’assenza di un messaggio di speranza significa aver proprio scarsa opinione di chi legge la rivista), però insomma, se Mojo e Uncut devono mettere ultrasessantenni in copertina un motivo ci sarà.

  29. Questa recensione è stata messa on line meno di cento ore fa. Ne ha impiegato qualcuna meno di ottanta per trovare più lettori di quanti ne avrebbe mai avuti se fosse stata pubblicata (come avrebbe dovuto) solo su carta. Ci facciano una riflessione certe persone più gonfie di vanità di quanto un soufflé lo sia d’aria, certe persone che “siamo un giornale a tiratura nazionale, mica un blog”. Ci riflettano almeno un attimo, oppure no. Oppure continuino ad affondare come sassi nello stagno ma con la serena quanto immotivata convinzione di essere il meglio fico del bigoncio.

  30. giuliano

    Certi lettori che se ne vanno per l’uscita di una firma è meglio perderli che trovarli, ha scritto sopra CB.
    Ora, oltre a questo blog, come è noto, esistono eccellenti testate rock on-line, che masticando appena un po’ di inglese, regalano – nel senso letterale del termine – informazioni e approfondimenti di eccellente livello (parlo di Pitchfork, Drowned on sound, Paste, Delusions of adequacy… e si potrebbe continuare).
    Ma siccome ci sono ragioni del cuore che la ragione non può comprendere, si continua a comprare un giornale cartaceo magari solo perché ci sono, lo ripeto e lo sottolineo, una o due firme su cui si ripone fiducia.
    O, in assenza delle firme di cui sopra, perché c’è uno speciale che può essere interessante (come quello sulla psichedelia 1992-today su Extra, che infatti comprerò).
    E nessuno, Eddy, continua a comprare un giornale perché, non facendolo, si mancherebbe di rispetto a tutti coloro che ancora ci scrivono, come hai detto sopra.
    Insomma, questionare sulla coerenza o sulla fedeltà dei lettori (compratori) è una cosa fuori dal mondo. I lettori fanno quello che vogliono.

    • Mork

      O magari si continua a comprare perché chi scrive su un giornale cartaceo è più credibile di chi scrive su internet, no? Comunque, quello che hai appena delineato è lo stesso principio per cui le aziende italiane se ne vanno all’estero. Quando tutti avremo imparato l’inglese a sufficienza l’italiano non servirà più, visto che ci sono già riviste straniere che trattano gli stessi argomenti meglio che qui da noi? Dai, trasferiamoci tutti a Londra o a New York!

      • giuliano

        Non ti offendere, ma hai scritto una sciocchezza.
        Ti risulta che Pitchfork o Paste siano siti scritti da persone poco credibili? Da quando in qua la libertà di scelta in materia di informazione è cosa censurabile? E che ci posso fare io se all’estero sanno, e possono, scrivere di rock mediamente meglio di quanto non si faccia da noi (ma non sempre)?
        E che cavolo c’entra tutto questo con le aziende italiane che si trasferiscono all’estero? Amo profondamente la lingua italiana e le mie opinioni politiche sono quanto di più distante dal liberismo che superficialmente mi stai attribuendo.
        No, dai, stavi scherzando…

        Mindy

  31. filippo1

    non è la recensione in sé a avere ottenuto tutti questi lettori. E’ la polemica che ci sta dietro. Detto cio’: 1) se Sufjan Stevens ottiene la visibilità di Lady Gaga non posso che esserne lieto; 2) quando il medesimo si perde in questi album inutili è sfiancante, ma lo si ama anche per quello; 3) Cilia, io continuero’ a seguirti ovunque tu scriva.

  32. Mork

    A Giuliano: non mi offendo, ovviamente era una sciocchezza, anche se, più che altro, la considererei una affermazione paradossale dettata da associazioni istantanee. Però bisogna riflettere un attimo su quello che hai detto. E’ ovvio che la credibilità delle riviste straniere possa risultare talvolta superiore a quella delle italiane – per ovvi motivi – ma è utile anche cercare di capire perché si continua o perché si dovrebbe continuare a comprare le riviste italiane. Credo, ad esempio, che un mensile come Blow Up abbia uno stile e uno sguardo talmente ampio da poterlo preferire a qualsiasi sito internet italiano, e a molti siti stranieri. E’ una rivista italiana, appunto, competente, e unica proprio per queste sue 2 caratteristiche (+ l’originalità dello sguardo). Se il Mucchio continua invece così accadrà molto presto che, una volta trapassati i vecchi lettori, non si troveranno nuovi acquirenti. Per questo non sono d’accordo sul fatto che bisognerebbe concentrarsi sui grandi del passato: a tal scopo ci sono appunto le riviste straniere, che lo fanno molto meglio di quelle italiane per gli stessi motivi di cui sopra. (Ma neanche mettere i Blue Willa in copertina, però!).

    • Mork

      Ahahah, non ci avevo fatto a caso al Mindy finale!

    • giuliano

      Ma le riviste italiane, quando mi garbano, le compro. Ho davanti a me, appena acquistati, Extra (un bel numero) e Blow Up (che, a parte la grafica orrendamente vecchia e qualche articolo ad elevata noiosità non mi pento di aver preso).
      Il mio intervento l’ha causato quello che ha scritto CB più sopra (e di cui credo – spero – si sia pentito): una cosa del genere la si poteva pensare 30 anni fa, quando nel rock c’erano ancora le tribù contrapposte, c’erano ancora le idee forti, le “narrazioni”, in base alle quali si tendeva a stare o da una parte o dall’altra: quando insomma comprare il Mucchio era una specie di atto di fede e di identificazione. E io di quel mondo non ho alcuna nostalgia.
      Io credo che oggi si può – forse si deve – stare in più posti contemporaneamente, nel tempo e nello spazio. A me piace un mondo dove ascolti – in qualsiasi momento – Dylan e Ty segall, Richard Hell e i Tangerine Dream, I Beach Boys e i Black Angels, i GYBE e gli MC5, i Gong e Jesus and Mary Chains, i Love e i Grizzly Bear. E in cui posso rivolgermi dove credo più opportuno per ascoltare musica e informarmi… Dove posso leggere da una parte Gadda e Borges, e dall’altra Bukowski e Carver, tanto per citare poli letterariamente e linguisticamente opposti, cosa che un tempo era “vietata” da steccati culturali e psicologici che oggi non ci sono più.
      Have a beer, have a good time and choose your music (and magazine) 🙂

      • Fossimo su Facebook, ti metterei un “Mi piace”.

      • Carlo Bordone

        Giuliano, non mi pento affatto di quel commento. E’ quello che penso. E resto convinto che leggere un giornale solo per una firma (la mia, quella di Eddy o di chiunque altro) sia incomprensibile se non proprio in quella cornice mentale che dici tu, quella delle tribù contrapposte e delle narrazioni forti. Poi, certo che uno fa quello che vuole, ci mancherebbe pure. Infatti il Mucchio oggi ha cinquemila lettori, quando una volta ne aveva quindici o ventimila.

      • giuliano

        Oddio, io intendevo la passione per una firma che scrive cose – e su cose – che ti interessano, e lo fa bene. Quando sapevo della pubblicazione di una inchiesta di D’Avanzo, cercavo sempre di prendere Repubblica.
        Comunque, al di là della mia vicenda di singolo lettore, che conta pressoché zero, da giornalista ripeto che mi dispiacerebbe molto se il Mucchio chiudesse dopo 36 anni di storia comunque gloriosa e se dei colleghi rimanessero senza testata.
        Seguo Eddy per stima professionale – su Blow Up, o altrove. Ciò non toglie che continuerò a buttare un occhio su quello che farà il Mucchio, con affetto – nonostante la delusione.

  33. Guido

    Leggo diverse riviste, la migliore delle quali è senz’altro Blow Up, che adesso, con il ‘ritorno’ del VMO, diventerà perfetta. Di mestiere faccio il grafico e intervengo solo per dire che uno degli elementi che rendono Blow Up la migliore nel panorama non solo italiano -altrochè esterofilia- è proprio la grafica, la più originale e innovativa che si è vista da parecchi anni in qua. Solo Wire ha una grafica altrettanto elegante, solo che è molto più compassata e ‘superata’. Per dire di come i gusti possono variare.
    VMO, ti aspetto con un articolo! Anticipazioni?….

  34. Pete

    Già si pregusta la goduria di riaffrontarli, articolo magistralis alla mano. Ti andrebbe però di dare una mano a districarsi a chi lo ha perso di vista dopo “Struck By Lightning”? Quali sono gli album “belli belli” cui accenni nella recensione di “Three Chords Good”?

  35. Pingback: Sufjan Stevens | L'ultima Thule

  36. Enio

    Caro Eddy, ti ho letto per anni con passione e con ammirazione. Se il mucchio ha avuto – e l’ha avuta eccome – una parte sostanziale nel determinare i miei gusti e le mie scelte musicali, e anche, diciamolo, nel generare in me idiosincrasie solo con il tempo attenuate ma mai del tutto venute meno; se in tutti gli anni in cui, e sono ormai molti, non ho più letto il giornale, perché alla fine la musica aveva rotto il cazzo anche a me, ho continuato a conservare memoria di un saper leggere la musica e i suoi tempi e del saperne scrivere, lo devo alla tua penna, irriverente e appuntita. Arrivo buon ultimo dopo molto tempo e a polemica ormai fredda, ma la recensione era bellissima, quel che ci si attendeva da te. Peccato per il mucchio, finire così. Speriamo che almeno l’oggetto recensito abbia venduto 8 copie

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