
Nella lunga e straordinaria vicenda artistica di Duke Ellington fra le molte migliaia di performance dal vivo nessuna è celebre quanto quella che tenne con la sua big band il 7 luglio 1956, nella cornice della terza edizione dell’“American Jazz Festival”, a Newport. Celebre e cruciale, visto che una carriera in declino ne veniva portentosamente rivitalizzata, da lì a un mese e mezzo il nostro uomo addirittura si ritrovava sulla copertina di “Time” e prendeva a materializzarsi il miracolo di un gigante del jazz capace nei suoi anni più tardi, se non di essere rilevante come in gioventù, di scrivere un’infinità di pagine almeno altrettanto memorabili.
L’album che veniva prontamente ricavato da quella notte di magia è sin dall’uscita e unanimemente ritenuto fra i più classici nell’ambito, nomea di assoluto capolavoro sopravvissuta allo sconcerto che coglieva studiosi e appassionati nel 1996, alla scoperta (a quarant’anni esatti dall’evento) negli archivi della Voice Of America di un nastro che dimostra inequivocabilmente che uno dei più famosi live di sempre live lo è al massimo al 40%. Ricreato insomma per la più parte in studio, a causa di vari problemi tecnici che rendevano inutilizzabile in momenti topici la registrazione in mano alla Columbia. Ma ci importa poi davvero qualcosa di sapere che gli applausi sono posticci e qualche pur epocale assolo venne rifatto perché un microfono era sfortunatamente spento? Conta la qualità in ogni caso eccezionale di un jazz ruggente e raffinatissimo, swingante e melodico, di rado tanto vicino come in questi tre quarti d’ora a farsi la vera musica classica del Novecento.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.347, ottobre 2013.