About A Boy – Il testamento di Kurt Cobain

Al produttore dello show che, richiesto di addobbare il palco con gigli, candele nere e un candeliere di cristallo, gli domandava perplesso “come se fosse un funerale?”, Kurt Cobain rispondeva con quattro parole soltanto: “Esattamente. Come un funerale”. Il che fa pensare che già sei mesi prima di porre fine alla sua vita tormentata il leader dei Nirvana avesse preso una decisione in tal senso. E come non ricordare che, in una session fotografica per un giornale francese durante il tour dell’appena uscito “In Utero”, mimò il suicidio con un’arma giocattolo? Successe poco prima o dopo lo spettacolo che MTV registrava il 18 novembre 1993, mandava in onda per la prima volta in dicembre e replicava un numero infinito di volte dopo quel tragico 8 aprile ’94 in cui un elettricista con un appuntamento per installare un sistema di allarme nella villa del musicista lo trovava cadavere. Mixato in 5.1 surround, con due brani espunti in origine dalla trasmissione televisiva e aggiunte alcune interviste e cinque canzoni tratte dal soundcheck, “MTV Unplugged In New York” vedrà la luce in DVD solo nel 2007. A trasformarlo in un album la Geffen ci aveva messo molto meno: lo pubblicava in CD e vinile (singolo, nonostante una durata sopra i venticinque minuti a facciata) il 1° novembre 1994. E chissà come fece a non venire in mente a nessuno quanto sarebbe sembrata di cattivo gusto un’uscita alla vigilia del giorno dei morti. Una settimana prima o dopo, no? Tant’è. Se Cobain voleva che quello che è rimasto il più inconvenzionale degli “Unplugged” risultasse testamentario (e non poteva non immaginare che sarebbe stata la prima delle pubblicazioni postume), ebbene, in nessun modo il suo congedo dal mondo sarebbe potuto risultare più pregnante. Se intendeva accrescere a dismisura il rimpianto per ciò che sarebbe potuto essere e non è stato – una sua carriera da solista in veste di cantautore folk-rock, un’evoluzione dei Nirvana un po’ alla R.E.M.; più in là non è possibile andare – gli è riuscito anche meglio. E significherà qualcosa se, ancora più che immaginarselo vivo e con ormai quasi il doppio degli anni che aveva quando ci lasciò, risulta arduo pensare che invecchiando avrebbe perso – come un Bill Corgan qualunque – il tocco magico. Più facile proiettarsi ancora più avanti nel tempo, ipotizzare che sarebbe stato invece un altro Neil Young. Un cavallo pazzo sempre e comunque, anche a settant’anni, fuori dagli schemi nel bene e nel male. Se, se, se…

Quel che è certo è che quando venne loro proposto a nessuno dei Nirvana, non soltanto al leader, piaceva l’idea di aggiungere il proprio nome al già lungo elenco di solisti e gruppi che, dal novembre 1989, si erano prestati a suonare in acustico nello show ideato dai produttori Robert Small e Jim Burns: il più popolare dei (oggi si direbbe) format della televisione al tempo in grado di decidere, trasmettendo o no un video e a seconda di quanti passaggi gli concedeva, il decollo di un disco o una carriera. Assai più della stampa e delle radio, commerciali o dei college che fossero. Piccolo dettaglio: molto più interessata MTV a fare comparire nel programma la band che con “Nevermind”, aveva cambiato per sempre l’approccio dell’industria discografica maggiore a quello che veniva chiamato underground, e da allora viene etichettato “alternative”, che viceversa. “Avevamo visto altre puntate e per la maggior parte non ci erano piaciute, perché quasi tutti quelli coinvolti si presentavano come se si trattasse di un normale concerto rock, però al Madison Square Garden, però in acustico”, ricorda il batterista Dave Grohl. E allora quando, dopo lunga trattativa, si decideva di accettare l’invito conditio sine qua non era che tutto si sarebbe dovuto fare secondo i desiderata di Cobain. Non del tutto convinto, a torto, che il fragoroso repertorio del gruppo potesse rendere ad amplificatori spenti (uno per sé in realtà lo terrà acceso, pur rinunciando alla chitarra elettrica). E determinato a non proporre, come quasi tutti quelli passati da quelle parti, la solita banale scaletta a base di successi, pezzi già ben noti al pubblico semplicemente riproposti in una veste più spoglia. Per quanto sia MTV che la Geffen potessero esserne scontente. Alla casa discografica in realtà andrà di lusso, perché si troverà così fra le mani un album pieno di brani altrimenti inediti (tutte le cover: ben sei) e con un resto di programma peculiare perché non soltanto in acustico ma con una scelta di canzoni fra le meno frequentate del repertorio, sole hit presenti Come As You Are e All Apologies. Di fatto, il quarto capitolo di una vicenda esauritasi troppo rapidamente e senza lasciare grandi margini a speculazioni postume, visto che i cassetti già erano stati svuotati con “Incesticide”. Con l’ulteriore punto a favore di rispolverare, e proprio in apertura, quell’unica canzone dell’esordio “Bleach”, About A Girl, in cui i Nirvana già erano i NIRVANA. Non a caso sarà il singolo.

A venticinque anni dall’uscita originale DGC e Universal hanno riportato nei negozi “MTV Unplugged In New York” in una speciale edizione in vinile con un enorme pregio e un brutto difetto. Partiamo dal primo: già il semplice fatto che i 53’50” che nel ’94 vennero compressi in due facciate si trovino ora distribuiti su tre fa suonare meglio il tutto, ma bisogna toccare con orecchio, alzando il volume il giusto, per rendersi conto quanto, e senza nemmeno bisogno di un remastering. La collocazione sul palco dei musicisti è di precisione impressionante e ogni minima sfumatura – dai saliscendi emotivi della voce al discreto armeggiare del violoncello, dallo scivolare delle dita sulle corde di a volte anche tre chitarre contemporaneamente al gioco di fino di una batteria capace di esserci senza mai esserci troppo – si coglie meravigliosamente. Il difetto? È che ci sia una quarta facciata, con le stesse bonus del DVD di cui sopra, prove sgangherate e costantemente sull’orlo di una crisi di nervi. Da ascoltare una volta, con imbarazzo, e mai più. Quando tutto il resto è a suo modo perfetto pure quando la piccola imprecisione scappa. “Anche io andrò dove spira il vento freddo”, canta Cobain nella conclusiva Where Did You Sleep Last Night, da Leadbelly, e un groppo sale in gola. Scatta l’applauso. Proprio come a un funerale.

Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.415, dicembre 2019. Non avesse scelto di smettere di intrattenerci, Kurt Cobain compirebbe oggi cinquantasette anni.

1 Commento

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Una risposta a “About A Boy – Il testamento di Kurt Cobain

  1. Massimo Sarno

    La grande popolarità conseguita (meritatamente) dai Nirvana nel corso degli anni ha fatto dimenticare a molti come i riferimenti artistici di Cobain non fossero affatto nel mainstream, ma piuttosto in tutta una scena alternativa che comprendeva nomi come i Vaselines, i Wipers, i Sonic Youth, gli Husker Du, i Meat Puppets, i Pixies. Nomi che, ancora oggi, in un paese musicalmente ”in ritardo” (per quanto riguarda il pubblico e una parte della critica) come il nostro, a più di qualcuno non dicono molto. Le cover interpretate dai Nirvana in studio e quelle che troviamo in questo magnifico live li rendono agli occhi dei veri appassionati, non solo la band importante che sono stati, ma dei preziosi divulgatori di musica che raramente è sotto i riflettori. In particolare mi piace ricordare la pazzesca interpretazione del brano di Leadbelly che sarebbe piaciuta molto al suo autore; un bluesman “anomalo” capace, ricordiamolo, di sintetizzare in modo mirabile il folk e la “musica del diavolo”.

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