
Giunge come fulmine a ciel sereno (ma quando mai lo è, sereno?) la notizia della scomparsa (per cause naturali, parrebbe) a soli cinquantanove anni di Artis Leon Ivey Jr., meglio noto come Coolio. Si era da tempo defilato (l’ultimo album è del 2009), ma intorno alla metà degli anni ’90 godette meritatamente di una popolarità immensa. “It Takes A Thief” e “Gangsta’s Paradise” appartengono alla storia maggiore dell’hip hop.

It Takes A Thief (Tommy Boy, 1994)
La lunga gavetta e l’immagine (pro)positiva di un uomo che ha saputo fare tesoro delle lezioni della vita e non dimentica chi non è stato al pari fortunato contribuiscono a rendere Mr. Ivey uno dei rapper più popolari d’America intorno al giro di boa dei ’90, persino oltre la sua volontà (sia detto a ulteriore lode: l’artificiosa contrapposizione inscenata dai media di lui, “buono” o come minimo “redento”, contro il “cattivo” 2Pac non gli andrà mai a genio). Certo gli giova anche una capacità fuori dal comune di fare pop l’hip hop senza tuttavia snaturarlo. I successivi “Gangsta’s Paradise” (1995) e “My Soul” (1997) venderanno parecchio di più (fra l’uno e l’altro, qualcosa come diciassette milioni di copie), ma in termini di qualità è “It Takes A Thief” a iscrivere lo pseudonimo di Artis Leon Ivey fra i maestri del genere.
Pubblicato per la prima volta su “Extra”, n.26, estate 2007.

Gangsta’s Paradise (Tommy Boy, 1995)
Nato in quella Compton, parte sud della contea di Los Angeles, che gli N.W.A renderanno tristemente celebre, Artis Leon Ivey è immerso nella storia dell’hip hop ben prima di cominciare a scriverla lui stesso. Sin dal 1979, l’Anno Zero del genere, grazie a dei vicini originari di New York che gli girano alcuni nastri di performance di strada. L’allora sedicenne fonda la Brothers Bass Crew ma prima di esordire discograficamente, ospite nel ’91 dei WC & The Maad Circle, farà in tempo a transitare in diverse altre posse che non hanno lasciato tracce e soprattutto a buttare via un decennio intero, fra carcere e comunità di recupero per tossicodipendenti. Mai sottovalutare la forza redentrice della musica: sarà un uomo nuovo che ha fatto tesoro degli sbagli commessi e un artista a tutto tondo a firmare nel 1993 per la Tommy Boy, etichetta leader nell’ambito. Nel 1994 il debutto “It Takes A Thief”, forte di un singolo bomba quale Fantastic Voyage (un numero 3 USA) che campiona massicciamente l’omonima canzone dell’81 dei Lakeside, entra nei Top 10 di “Billboard” ed è di platino.
L’anno dopo “Gangsta’s Paradise” (fresco di ristampa rimasterizzata per il venticinquennale con aggiunto un pletorico remix) raddoppierà i dati di vendita negli Stati Uniti e li decuplicherà nel resto del globo replicandone la formula a base di buoni sentimenti, ironia, un senso del groove micidiale. Nei crediti un’enciclopedia della black, da Herbie Hancock agli Isley Brothers passando per Smokey Robinson & The Miracles, James Brown, Sly & The Family Stone, Kool & The Gang, Billy Paul, Tom Browne. Ovviamente per Stevie Wonder, la cui Pastime Paradise per così dire ispira il brano che intitola l’album. Primo in mezzo mondo e dire che alla Tommy Boy lo avevano cassato.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.425, novembre 2020.

My Soul (Tommy Boy, 1997)
Benché il suo grande successo, con il multimilionario in dollari e copie “Gangsta’s Paradise”, risalga ad appena due anni fa e il debutto in proprio (comunque disco di platino) “It Takes A Thief” sia più vecchio solo di una manciata di mesi, Coolio è un veterano dell’hip hop con un’anzianità di servizio seconda a nessuno nella scena odierna. Se esordì discograficamente soltanto nel 1991, con i WC & The MAAD Circle, era già in pista, con la Brothers Bass Crew, nei primi anni ’80. Non ebbe fortuna, quella posse, e migliore sorte non toccò alle altre allestite successivamente. Soundmaster Crew, NuSkool e Low Profile furono le tappe di un decennio vissuto pericolosamente. Brutte storie, da ghetto: guai con la legge, perenne disoccupazione, una dipendenza dal crack dalle conseguenze quasi fatali.
La lunga gavetta e l’esemplarità della vicenda di un uomo che ha saputo redimersi dai suoi errori ma non dimentica chi non è stato altrettanto forte, o fortunato, hanno indubbiamente contribuito a fare di Mr. Ivey uno dei rapper più popolari d’America. Certo gli ha giovato anche una capacità senza pari per un rapper di fare breccia nel pubblico del pop. Per quanto meno brillante dei predecessori, “My Soul” mette in mostra la consueta corona di gioielli: The Devil Is Dope, molto soul e dal ritornello micidiale, e il classicissimo g-funk Knight Fall i più luminosi.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.176, novembre 1997.