The Julie Ruin – Hit Reset (Hardly Art)

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In certi ambienti suonerà come una bestemmia in chiesa ma pazienza, a me pare evidente: per quanto un posto nella storia del rock alternativo davvero Kathleen Hannah se lo sia guadagnato con le incendiarie Bikini Kill, oggi scrive canzoni mediamente molto migliori. Più varie, più divertenti, più incisive, più mature – d’altronde aveva ventitré anni quando le ragazze ribelli di cui sopra pubblicavano le prime cose ed era il ’91; fate voi il conto di quanti ne abbia adesso – ma senza per questo essere meno sbarazzine e anzi. Finalmente (no, dai… già da un po’) si può giudicarne il lavoro al netto del suo essere un’icona femminista e questo fermo restando che le tematiche (magari affrontate partendo più spesso dal personale) restano quelle di sempre. Ma a “rivoluzione” si accompagna “gioia” ed è a ragione di ciò che, potenzialmente, non si parla più solo ai convertiti.

Nato nel ’98 come un estemporaneo progetto solista ponte fra l’hardcore delle Bikini Kill e l’electroclash di Le Tigre, Julie Ruin a sorpresa veniva riesumato e diveniva gruppo vero nel 2013 con il frizzante “Run Fast”.

Tredici brani giocosamente sputacchiati in trentanove minuti (che fa tre a testa ed è la durata perfetta per una canzone pop), “Hit Reset” risulta ancora più convincente da subito e non si sgonfia con il susseguirsi degli ascolti. Il contrario! Una radio dei sogni ne alternerebbe parecchi di questi pezzi nelle sue playlist, passando dal punk melodico della traccia inaugurale e omonima allo yé yé monello di Rather Not, da una Let Me Go che evoca prepotentemente i Cars (chi si ricorda che per la produzione del terzo album Le Tigre convocarono proprio Ric Ocasek?) al funk irresistibile di Mr. So And So, dai B-52’s grunge di Hello Trust No One al sigillo pianistico Carverton. Hit “play”!

Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.378, agosto 2016.

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