Che il Diavolo faccia le pentole, si sa. Che ai coperchi provveda talvolta il Dirimpettaio è evenienza rara, ma si danno dei casi in cui è accaduto e mai tanto clamorosamente come con l’uomo nato Richard Wayne Penniman e infinitamente meglio noto come Little Richard. La storia è uno degli episodi cardine dell’aneddotica del rock primigenio ma tant’è, c’è sempre qualcuno da istruire o cui rinfrescare la memoria e allora rieccola, in brevissimo. Nel 1957, nel pieno di un tour australiano e all’apice del successo (tredici le hit consecutive nella classifica R&B di “Billboard”, undici delle quali replicate in quella pop), l’uomo che in quel momento contende a Elvis il titolo di re del rock’n’roll è colto da crisi mistica e si ritira in Alabama, per dedicarsi a studi biblici. Immaginarsi le lodi a Domine Iddio dei suoi discografici che, speranzosi che non sia che una delle tante mattane del performer più colorato, irriverente e sessualmente ambiguo (ehm… si fa per dire) che mai abbia calcato palcoscenico, per un paio di anni si arrabattano svuotando i cassetti e ricavandone ancora quei quattro o cinque successi nemmeno tanto minori, per poi inevitabilmente arrendersi. Messo assieme in questo modo e pubblicato nel marzo 1959, “The Fabulous” risulta a quel punto il terzo LP in studio dell’artista di Macon e, antologie e live esclusi, resterà l’ultimo di musica secolare fin quasi alla fine del decennio successivo. È un disco gradevole ma inevitabilmente un po’ raffazzonato, cui non giovano i cori femminili aggiunti a posteriori e nei cui solchi l’esplosivo rock’n’roll che ha già consegnato il Nostro agli annali della popular music si prende a tratti qualche pausa. Non si tratta di mera curiosità per completisti, ma insomma…
Sorpresa! A fare consigliare l’acquisto di questo CD griffato Hoodoo e distribuito Egea è il secondo dei due lavori che contiene, un “It’s Real” datato 1961 e talmente misconosciuto da venire ignorato da diverse discografie e dalla pur chilometrica scheda che Wikipedia dedica all’autore. Incredibile a dirsi e tanto di più considerando che ad accompagnare il titolare nei suoi dodici brani sono Quincy Jones e la sua orchestra, niente di meno. Premesso che non è ovviamente questo virato gospel il Little Richard destinato all’immortalità (quella degli uomini, dell’altra non possiamo sapere), l’album è interessante, intenso, non formulaico nemmeno alle prese con i titoli più consunti dall’uso.
Pubblicato per la prima volta su “Blow Up”, n.188, gennaio 2014. La Regina del rock’n’roll festeggia oggi il suo ottantaquattresimo compleanno.