No more rock and rollin’ with Fats Domino

Fats Domino se n’è andato così come aveva vissuto negli ultimi decenni, dai primi ’80 in poi: con discrezione. Tant’è che la notizia della sua scomparsa, alla comunque bella età di ottantanove anni, è arrivata in lieve differita. È stato un bonario signore fino all’ultimo e forse anche per questo le storie del rock mediamente lo valutano meno di quanto dovrebbero. Sul suo valore, Elvis la pensava altrimenti.

This Is Fats Domino!/Rock And Rollin’ With (Imperial, 1957 e 1955; ristampa Hoodoo, 2011)

Quel che si dice pagare i propri debiti… Paul McCartney modellava Lady Madonna su un artista parimenti idolatrato da Lennon (che qualche anno più tardi coverizzerà Ain’t That A Shame) ed era proprio riprendendola al volo che Fats Domino nel 1968 entrava per la sessantasettesima (avete letto bene!) e ultima volta nei Top 100 della classifica pop USA. Non accadeva però dal ’64 e a quel punto l’incredibile teoria di hit (nessun numero uno assoluto ma ben nove nella graduatoria R&B) inaugurata nel 1949 da The Fat Man cominciava a impallidire nel ricordo del pubblico. E però tuttora chi non riconosce almeno Reeling And Rocking, la già citata Ain’t That A Shame, Blueberry Hill? Come minimo in quanto ascoltate in un film o un telefilm. Enorme il successo riscosso da uno che Elvis definiva “il vero re del rock’n’roll” e, per quanto siano passati molti decenni, un’eco ancora si ode. Sempre un piacere tornare sul repertorio di un pianista meno “cattivo” di un Jerry Lee, meno debosciato di un Little Richard (la bonomia un tratto distintivo non solo caratteriale) ma travolgente quanto questo e quello. Classe innata, gioia di vivere invincibile. Ne offre un’ottima selezione questo CD, che accoppia due LP a loro volta classici e già semiantologici e aggiunge otto ulteriori tracce alle ventiquattro di partenza. Come primo approccio, e pur con qualche inevitabile buco, vale le migliori antologie in circolazione.

Pubblicato per la prima volta su “Il Mucchio”, n.687, ottobre 2011.

Here Stands/Let’s Play (Imperial, 1957 e 1959; ristampa Hoodoo, 2014)

Diversamente dal non molto più anziano Chuck Berry, che si ostina a procurare imbarazzo a se stesso facendo concerti a un’età troppo avanzata persino per un Buena Vista Social Club, il buon Antoine Domino Jr. è in ogni evidenza uno che seppe gestirsi bene e di conseguenza ha poi potuto godersi la vita. Immensamente popolare in un quindicennio ’49-’64 che ci pare tanto lontano per come lo declinò lui da appartenere a un altro mondo, quando già si affacciava sugli anni di Dylan e della beatlemania, piazzava svariate decine di brani nei Top 100 USA vendendone milioni e milioni di copie. Per poi diradare parecchio uscite discografiche e tour nei tre lustri seguenti e infine, al crepuscolo dei ’70, ritirarsi pressoché completamente dalle scene e vivere di rendita e diritti d’autore nella sua adorata New Orleans. L’ultimo hit di colui che Elvis Presley definiva “il vero re del rock’n’roll”? Una versione di Lady Madonna praticamente contemporanea (1968) di quella dei Beatles e del resto Paul McCartney l’ha sempre detto di averla scritta con in testa il vecchio Fats. Da lì a sei anni anche John Lennon provvederà a saldare i debiti, rifacendo da par suo Ain’t That A Shame.

Questi due album ora messi insieme (con ulteriori sei bonus d’epoca) su un solo CD e usciti in origine rispettivamente nel ’57 e nel ’59 si raccomandano particolarmente a chi, avendo già la tipica raccolta di successi, volesse approfondire. Più blues ed errebì in questi solchi che non rock’n’roll. In particolare nel primo, assemblato a suo tempo perlopiù con registrazioni del biennio ’49-’50 rimaste fino ad allora in un cassetto. Recupero adesso duplicemente benvenuto.

Pubblicato per la prima volta su “Blow Up”, n.196, settembre 2014.

1 Commento

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Una risposta a “No more rock and rollin’ with Fats Domino

  1. Ain’t that a shame, appunto. Un signore anche quando, a New Orleans allagata dall’uragano Katrina, il nostro uomo si rifiutò di farsi soccorrere e lasciare la città dov’era sempre vissuto.
    Grazie del ricordo, Eddy.

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