Un bel gioco può durare molto, se gli ideatori hanno l’accortezza di variare gli schemi e concedere e concedersi delle pause. È il caso dei Gorillaz, un cartone animato disegnato da Jamie Hewlett (Tank Girl) e insieme un supergruppo capitanato da Damon Albarn dei Blur che così nel 2001, con l’omonimo esordio della band, si prendeva la prima vacanza dalla sua occupazione principale. Solo che era talmente clamoroso il successo di critica ma pure di vendite – sette milioni di copie a oggi, a livello globale – di quel disco, capace di fondere armoniosamente come nessuno prima indie rock e hip hop (ed elettronica, psichedelia, new wave, funk, jazz…), che approntare quattro anni dopo un seguito pareva quasi un obbligo. Al pari felice artisticamente, nel tempo “Demon Days” ha sopravanzato il predecessore di quell’altra milionata di copie. Andare avanti? Con calma.
E non più da supergruppo bensì come progetto solista di Albarn, che di volta in volta convoca ospiti sempre diversi: memorabilmente nel 2010 Lou Reed si prestava a un cameo nel terzo album e Mick Jones e Paul Simonon partecipavano al tour successivo. Solo tre in questo sesto, che segue piuttosto dappresso (un anno e due mesi) il quinto, “Humanz”, e ne pare un’estensione allo stesso modo in cui “The Fall” era sembrato un post-scriptum di “Plastic Beach”. Qui George Benson presta la sua chitarra jazz allo sbarazzino g-funk Humility e un redivivo Snoop Dogg e Jamie Principle qualche rima a una Hollywood fra Funkadelic e Kid Creole. È un lavoro assai gradevole – altri vertici in una Tranz ultravoxiana, in una Idaho aggrappata a un arpeggio velvettiano, nell’incrocio fra Liquid Liquid e Depeche Mode Lake Zurich, nel congedo radente la disco Souk Eye – per quanto la freschezza degli esordi cominci a latitare.
Pubblicato per la prima volta su “Audio Review”, n.401, settembre 2018.
dieci giorni senza il venerato maestro..up on melancholy hill
Rieccomi. A volte la vita diventa una faccenda davvero complicata e tante incombenze finiscono in secondo piano.
le notti di guardia in un ospedale di periferia passano sgranando il rosario dell’archivio VMO… when i’m lonely i press play